“La borsa rossa” non è solo un libro, ma è un messaggio di forza, coraggio, di incoraggiamento e di denucia insieme. Le due autrici Monica Antonello e Andreina Rocco sono diventate amiche condividendo la stessa battaglia contro il cancro. Si incontrano, si incoraggiano e insieme capiscono che aprirsi con chi come loro sta vivendo l’incubo della malattia aiuta. La notte è il momento in cui i pensieri vengono a galla, il momento in cui è possibile lasciarsi andare alla paura, perchè il cancro terrorizza, e spesso Monica e Andreina si scrivono, condividendo con l’insonnia momenti della quotidianità, fatti di emozioni altelenanti, gesti e pensieri donati o ricevuti, a volte subiti. Ma in questo libro ci sono e vanno valorizzati il coraggio e la forza, su cui queste due guerriere fondano e si sostengono nella sfida più grande con la vita.
È Monica Antonello, una donna che è fatta di luce, modi gentili e un sorriso dolcissimo a raccontarci del libro.
Ben due presentazioni del libro a Cambiano, il 12 e il 29 maggio, biblioteca gremita e un gran successo. Come nasce l’amicizia con Andreina?
«Io e Andreina abbiamo un’amica in comune, ripeteva sempre che voleva farci conoscere perchè riteneva che entrambe avessimo lo stesso modo e la stessa determinazione di affrontare la nostra battaglia. Nel 2015 decido di diventare vegana, è stata l’occasione di chiamare Andreina che da parecchio aveva fatto questa scelta per chiederle consigli e ricette sugli estratti di verdura e frutta. La sua ricetta dell’ACE è speciale. È iniziata così la nostra amicizia».
Come nasce l’idea del libro?
«Ci scambiavamo continuamente messaggi, soprattutto di notte: questa malattia distrugge la mente e si soffre spesso di insonnia. Le nostre notti sono così diventate meno terribili, condividevamo momenti della giornata e le emozioni che ne derivavano. In uno di questi scambi Andreina mi suggerì di iniziare a scrivere i miei pensieri. Nacque così il nostro diario di terapia e sfogo. Anche Andreina cominciò a scrivere, ognuna di noi lo faceva a casa propria, così il diario prendeva forma in una sorta di condivisione e scrittura a quattro mani, avendo su di noi l’effetto di “cura della parole”. Sono tante le cose che ti vengono dette, alcune giuste alcune sbagliate, talvolta sostengono altre feriscono. Il libro è un vademecum delle frasi e parole da dire o che hai bisogno di sentirti dire, e atteggiamenti da avere. Serve per noi ma anche per la famiglia e le persone che ti vivono accanto. Spesso le persone dicono parole sbagliate, ma è sempre meglio dire qualcosa piuttosto che sparire. Gli abbracci poi in tanti casi sono stati meglio di tante parole».
Siete due donne davvero in gamba e forti.
«È la forza che ha trovato noi».
Qual è la finalità per cui avete scelto di pubblicare il diario?
«Abbiamo deciso di farne un libro con l’obbiettivo di aiutare gli altri, ma anche per sostenere noi stesse, dando così “un senso alla nostra sofferenza”. Vogliamo che da questa malattia nasca valore: parte del ricavato, detratte le spese, abbiamo deciso di destinarlo a tante piccole e diverse associazioni che si adoperano per scopi sociali, per la ricerca o altro. Ogni volta avremo una destinazione diversa per la beneficenza».
Il libro è stato corretto in bozza dalla presidentessa dell’Associazione Vita di Chieri, un’associazione che sostiene le donne operate di cancro al seno. Come è nata la collaborazione con Valeria Martano?
«Valeria è arrivata per caso nelle nostre vite. Volevamo una persona estranea e quindi sincera per la correzione della bozza del libro. Alcune amiche ci hanno fatto il nome di Valeria, un’insegnante, non sapevamo chi era e quindi l’abbiamo scelta. Solo dopo abbiamo saputo che era la presidentessa dell’Associazione Vita, la persona perfetta per noi».
Il libro come si presenta?
«È come abbiamo detto un diario, scritto in capitoli assimetrici, a voci alterne. Abbiamo inserito delle vignette, disegnate da mio marito Edoardo Sganzetta. Abbiamo fatto delle foto per la copertina, ci siamo divertite a fare “le modelle per caso” e abbiamo scelto, contrariamente a quanto deciso prima, di inserirle nel libro per dimostrare che il cancro non ti annulla come donna e che puoi ancora essere bella. Insomma abbiamo fatto le modelle come terapia».
Avete scelto per la copertina la foto con i piedi intrecciati, che significato ha?
«Sono i nostri piedi che si intrecciano, simbolo di un percoso di vita fatto e da continuare insieme»
Un’ultima domanda. Perchè il titolo “La borsa rossa”?
«Il titolo nasce da una frase che mi è stata detta nata male ma che il libro e la terapia delle parole ha ridimensionato nella sofferenza che mi ha causato».